Fonte: Wikipedia
Termine comunemente utilizzato per indicare in modo generico alcuni condimenti ed aceti agrodolci prodotti nelle province di Modena e Reggio Emilia.
Storicamente all’interno di quelli che oggi sono definiti gli “antichi domini estensi” si interveniva sugli aceti prodotti nelle case per renderli più gradevoli, mediante aromatizzazioni con droghe, liquirizie, rosmarino, rose, vaniglia, oppure producendoli con differenti materie prime (trebbiano, moscato…) o procedure, creando nei secoli una diffusa fama per gli “aceti alla modenese”.
Nei registri delle cantine del Palazzo Ducale di Modena, situate a Rubiera, compare per la prima volta nel 1747 l’aggettivo “balsamico”, per distinguere una particolare tipologia rispetto alle altre presenti nel ricco insieme del palazzo. Nel 1830 tale definizione venne ulteriormente arricchita, per cui gli aceti presenti a corte vennero suddivisi in “balsamici”, “semibalsamici”, “fini” e “comuni”.
Con la nascita dello Stato Italiano (1861) il risveglio dei mercati ha via via destato sempre più interesse riguardo al Balsamico, sviluppando anche notevoli ricerche storiche e bibliografiche attorno a questo prodotto che, uscendo timidamente dalla segretezza delle acetaie di famiglia, riscuoteva un discreto successo. Alla fine dell’800 l’Aceto Balsamico di Modena comincia a comparire nelle più importanti manifestazioni espositive, creando grande interesse non solo sul territorio ma anche a livello internazionale.
Dal punto di vista normativo la prima autorizzazione ministeriale a produrre l’ ”Aceto Balsamico del Modenese” risale al 1933. Nel secondo dopoguerra il boom economico e l’espansione dei consumi portarono alcuni produttori (i più importanti dei quali furono forse Telesforo Fini e la famiglia Monari-Federzoni) a commercializzare col nome “Aceto Balsamico” un prodotto differente da quello tradizionalmente preparato nelle soffitte private, fondando il nome sull’usanza storicamente presente di procedere a tagli con aceto di vino per il normale consumo quotidiano. L’aceto balsamico divenne quindi un prodotto comune sulle tavole di tutta Italia, iniziando a farsi largo anche in molti paesi stranieri. Ulteriori regolamentazioni che prevedevano l’utilizzo del termine “aceto balsamico” seguirono nel 1965 (D.P.R. 162/1965) e stesura del primo disciplinare di produzione dell’”Aceto Balsamico di Modena” (D.M. 12 dicembre 1965). Nel 1976 vista l’ormai sostanziale identificazione del termine “balsamico” con l’aceto di tipo industriale, venne adottata la definizione di Aceto balsamico “naturale”, per indicare e distinguere quello prodotto secondo la definizione della “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale” di Spilamberto. Qualche anno dopo, per esigenze di carattere legislativo il termine “naturale” venne sostituito con “tradizionale“.
La diffusione sempre maggiore dei “prodotti balsamici”, non solo a livello italiano, hanno portato ad un largo uso in cucina ed alla pubblicazione di numerose ricette. Solitamente i più utilizzati sono il Balsamico di Modena I.G.P. ed i condimenti, soprattutto per ragioni legate al costo del prodotto. Il balsamico tradizionale è generalmente utilizzato nelle preparazioni più sofisticate, laddove viene preferita un’acidità più complessa e meno aspra rispetto a quella tipica della presenza di aceto di vino. L’Aceto Balsamico è un condimento che si adatta a molte preparazioni. Si abbina bene con ogni portata dall’antipasto al dolce.
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